L’Agenzia delle Entrate può pignorare la prima casa?

Quando si parla di pignoramento della prima casa da parte dell’Agenzia delle Entrate è importante sapere esattamente come stanno le cose. Sono molte, infatti, le informazioni che circolano sull’argomento. Questo perché iter e regolamenti per i pignoramenti da parte dell’ente pubblico in questione sono diversi rispetto a quelli dei privati. Può quindi l’Agenzia delle Entrate pignorare la prima casa? In quali casi può farlo? Qual è la soluzione al pignoramento da parte dell’ex Equitalia?

Continua a leggere questo articolo e scopri come si muove l’Agenzia delle Entrate quando deve procedere con un pignoramento.

La prima casa può essere pignorata?

In termini generali, la prima casa può essere pignorata tutte le volte in cui il debito è di natura privata. La banca, la finanziaria, il condominio, ecc. possono pignorare la prima casa del debitore.

Non c’è un limite minimo di debito a partire dal quale il pignoramento immobiliare è possibile. In presenza di importi bassi, il creditore può quindi avviare lo stesso la procedura di esecuzione forzata.

Anche l’Agenzia delle Entrate può pignorare somme, beni mobili e immobili ma solo a determinate condizioni.

Quando l’Agenzia delle Entrate può pignorare la prima casa?

Tutto dipende da cosa si intende per prima casa. L’Agenzia delle Entrate è soggetta ad alcune restrizioni quando si tratta di pignorare un immobile.

L’ente pubblico non può pignorare la casa quando:

  • la casa è l’unico immobile di proprietà del debitore. È questo quello che l’Agenzia delle Entrate intende per “prima casa”. Risultare come abitazione principale non è sufficiente;
  • la casa è domicilio del debitore. Se il debitore è proprietario di un unico immobile ma l’avesse dato in affitto invece di abitarvi personalmente, l’ente pubblico potrebbe comunque procedere al pignoramento;
  • la casa non è un immobile di lusso (cioè non ha le caratteristiche previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969), e non è comunque accatastato come A/8 o A/9.

Solo se tutte e tre le condizioni sono soddisfatte l’Agenzia delle Entrate non può avviare la procedura di pignoramento. In caso contrario, l’ente pubblico può farlo solo e soltanto se:

  • il debito complessivo nei suoi confronti ammonta ad almeno 120.000 euro;
  • il valore degli immobili posseduti dal debitore supera complessivamente i 120.000 euro;
  • sono passati almeno sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca e il debitore non ha pagato/rateizzato il debito o in mancanza di provvedimenti di sgravio/sospensione.

Il pignoramento presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate

Il pignoramento presso terzi è una forma di pignoramento che, oltre a debitore e creditore, coinvolge anche un terzo soggetto. Ciò avviene quando il creditore decide di rifarsi sullo stipendio del debitore, sulla pensione oppure sul conto corrente.

In questi casi saranno il datore di lavoro, l’Inps oppure la banca del debitore ad attuare il provvedimento emanato dal tribunale. Saranno quindi questi terzi soggetti a rendere il pignoramento effettivo.

Come i creditori privati, anche l’Agenzia delle Entrate può avvalersi del pignoramento presso terzi.

Quando l’Agenzia delle Entrate può ricorrere al pignoramento presso terzi?

Per il pignoramento presso terzi, la legge prevede ulteriori restrizioni per l’Agenzia delle Entrate rispetto a un creditore privato. All’ente pubblico è consentito pignorare:

  • un decimo dello stipendio o della pensione, se la mensilità è inferiore a 2.500 euro;
  • un settimo, se la mensilità è compresa tra 2.501 euro e 5.000 euro;
  • un quinto se supera i 5.000 euro.

In merito alla pensione, bisogna considerare anche il minimo vitale, quella cifra che in tutti i casi non è pignorabile perché considerata strettamente necessaria al sostentamento della persona. Ogni anno l’Inps fissa questo importo e nel 2022 ammonta a 702,15 euro (pari all’assegno sociale di 468,10 euro moltiplicato per una volta e mezzo).

Passando invece al conto corrente, bisogna fare una distinzione tra i conti utilizzati unicamente per il versamento dello stipendio o della pensione, e quelli invece preposti all’accredito di entrate di altro tipo:

  • nel primo caso sussiste un limite pari all’assegno sociale moltiplicato per tre (nel 2022 sarebbero 1.404,30 euro). L’Agenzia delle Entrate, in altre parole, potrà pignorare soltanto la parte del saldo che eccede questa cifra;
  • nel secondo caso, il conto corrente potrà invece essere interamente pignorato.

L’Agenzia delle Entrate pignora la casa: la soluzione

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